giovedì, giugno 30, 2005

Per Cat - Cap. II

Sono arrivato alla notte per miracolo, completamente sturbato dai tanti lavori in corso e dalle tonnellate di decibel che riversate su di me. Mi avete "cotto" a puntino: ora sono pronto ad agire.
No, non è pipistrellino il mantello che indosso - piuttosto un trenchcoat à la Tenente Colombo. I vostri quartieri del centro sono esempi di tracotanza salvatisi dalle bombe dell'ultima guerra; vi avete installato delle telecamere, ma io sono l'ombra del mio corpo: non riuscirete mai ad identificarmi.
E' salda la porta del primo piano di questo stabilimento stile rococò. Non leggo neppure il nome sulla targhetta; busso direttamente.
Una colf di pelle bruna, non più giovane. La sposto di lato senza tanti complimenti e, mentre lei grida in segno di protesta, entro a grandi passi. Un corridoio che non finisce più, poi un grande salone.
Eccoli: padre, madre, tre figli di cui due in età adolescenziale; al tavolo per la cena, con la tivù accesa. Ignoro la colf alle mie spalle e tiro fuori la Luger.
Domani i giornali scriveranno: "Ha salvato soltanto la donna di servizio e la bambina di tre anni. Perché?"
Ricordatevi, ricordatevi tutti di Cat.

sabato, giugno 11, 2005

Per Cat - Cap. I

L'umanità non fa schifo; è solo stupida.
Cat giace sulla strada, il volto insanguinato, l'addome squarciato. Era bellissima; ora è solo un cadavere freddo.
"Kathleen Weise" osserva uno dei piedipiatti, tenendomi sotto il naso il documento d'identità con la foto di una ragazza di circa trent'anni. "La conosceva?"
Avrei voglia di strangolarlo, ma riesco solo a inghiottire le lacrime e ad annuire cupamente. Sa che era la mia compagna. Gliel'ho già detto un paio di volte.
Sospiro e rivolgo lo sguardo da tutte le parti, tranne su quel determinato punto sull'asfalto.
Cat, Cat, Cat... perché? perché? perché?
Mi portano in uno dei loro uffici di merda, dove mi rivolgono alcune domande. Io racconto la nostra storia, ma è troppo sdolcinata per i loro gusti. "Non le è stato rubato nulla, apparentemente. E' stato sicuramente qualche teppista, o meglio qualche folle. Sarà difficile scoprirlo. Di folli, come lei sa, ne circolano fin troppi..."
"Dovete acciuffarlo!"
"Sì, sì... Si calmi ora, va bene?"
Mi rilasciano senza neppure salutarmi.
Ritorno a vagare per le strade di questo mondo che è il mio e che voi inquinate. Guardo tutte queste facce che non assomigliano per niente alla mia, questi corpi ripugnanti, queste vostre macchine rumorose. No, non fate schifo; siete solo stupidi. Odio i vostri silenzi e le vostre risate, odio il vostro aspetto, le esalazioni che emanate, i vostri arnesi, mezzi, strumenti, le vostre goffe invenzioni. Siete il popolo delle tenebre che ha conquistato la luce, sottomettendola ai suoi indicibili capricci e spingendo me a dover vivere di nascosto.
Abbiamo perfino l'andatura diversa. La nostra è quella dei gatti, la vostra... beh... mi è troppo ripugnante descriverla. Camminate come vivete. Vivete come parlate. Chiamate "incidente" quel che è un accidente, affibbiate etichette, rigirate le parole nella nostra bocca, stravolgete i nostri ragionamenti... Ovvio che non avete colpe: la vostra stupidità è ereditata. Ma no, non riesco tuttavia a perdonarvi. Sono proprio gli stupidi a fare più male. Aspetterò finché non sarà calato il silenzio per potervi cancellare.