venerdì, dicembre 28, 2007

The Life of David Gale


Solitamente sono gli scrittori e i registi non-americani i più capaci a proporci validi pamphlet contro le piaghe e le perversità della democrazia stelle-e-strisce: segno che un Paese lo si può meglio giudicare se visto "dal di fuori". L'inglese Alan Parker (The Wall; Mississippi Burning; Angel Heart - Ascensore per l'inferno; Birdy - Le ali della libertà; The Commitments...) dimostra, in The Life of David Gale, una volta di più il suo impegno civile, perorando stavolta la causa degli abolizionisti della pena di morte. Il messaggio è "impacchettato" nella veste di thriller ad alta tensione, e se la critica - non solo italiana - non ha saputo trarre le giuste conclusioni (arrivando addirittura ad affermare che il finale parla a favore della sentenza capitale e non contro), è per colpa della clamorosa deficienza intellettuale che caratterizza tale gilda. In realtà l'ambascia è chiara, e Parker ce la propina in maniera elegante, secondo il suo stile che ricorda da vicino quello di Stanley Kramer; nel film in questione, poi, oltre all'abilità narrativa non manca certo la suspence

Parker ha tirato fuori il meglio da un copione già di per sé geniale (firmato da Charles Randolph) e   sfruttando le capacità recitative di un mimo a dir poco sublime qual è Kevin Spacey.


 Spacey


La storyline, per linee generali, è la seguente:


Il docente di filosofia David Gale (Spacey) viene licenziato dall'università del Texas dopo che una studentessa lo accusa falsamente di averla violentata. Lo scandalo gli fa perdere credibilità e la sua vita rotola giù lungo la china: dapprima la moglie lo abbandona portandogli via l'amato figlioletto, e poi per lui arriva persino di peggio: viene condannato alla pena capitale per l’omicidio di una sua  amica.

Poiché Gale è noto per essere un accanito avversario della pena di morte, il caso suscita molto scalpore. A pochi giorni dalla propria esecuzione, l'ex docente chiede e ottiene di essere intervistato dalla giornalista newyorchese Bitsey Bloom (Kate Winslet). Fin dai primi momenti la reporter si convince che quell'individuo colto e mite dev'essere stato rinchiuso per sbaglio nel famigerato braccio della morte, e così, insieme al giovane collega Zack (Gabriel Mann), si adopera per dimostrarne l'innocenza. Ma mancano solo quattro giorni alla data dell'esecuzione...

Inizia così una corsa al cardiopalma che ci condurrà all'imprevedibile - e magistrale - showdown.


 G. Mann, K. Winslet


****************** ACHTUNG SPOILER *******************

(non leggere se non vuoi apprendere dettagli rivelatori)


La giornalista riuscirà a raccogliere le prove dell'innocenza di David Gale ma arriverà troppo tardi per impedirne l'esecuzione. Nel corso delle indagini, sia lei che lo spettatore pensano che ci sia in corso una cospirazione contro l'ex docente. Chi ha architettato l'intero piano per incastrare Gale? Forse il misterioso "cowboy" che segue la macchina di Bitsey Bloom e di Zack? E per chi lavora quel misterioso personaggio? Per i repubblicani? Per il governatore del Texas?

In realtà l'intero piano è stato accuratamente concepito dallo stesso professore di filosofia, il quale, non avendo più voglia di vivere (gli hanno vietato di stare con suo figlio e non può esercitare la sua professione, e inoltre viene ad apprendere che la sua migliore amica - un'attivista fervente come lui - sta morendo di leucemia), decide di martirizzarsi per la giusta causa. L'amica malata non è stata barbaramente uccisa da Gale, ma si è suicidata, come documenta una videocassetta che viene recapitata alla reporter. Il filmato è stato frammentato: le videocassette sono tre, e solo la terza ci farà capire i veri intenti di David Gale...


******************* FINE SPOILER **********************


Leon Rippy (l'avvocato difensore)


Prima di essere scoperta da Alan Parker, la sceneggiatura rimase per anni a prendere polvere negli scaffali degli studios hollywodiani. L'ha scritta un professore di filosofia di Vienna, e da qui le domande metafisiche sulla vita e sulla morte che corredano - tutt'altro che banalmente - molti dialoghi.

Il film è avvincente e si innalza parecchio al di sopra dei soliti thriller d'azione basati sugli effetti speciali. The Life of David Gale è un'opera che coinvolge, sorprende, commuove.


                                             Raccomanded!


"Caino uccise Abele, e Gesù non uccise Caino per punizione."


 




Titolo Originale: The Life oF David Gale


Sceneggiatura: Charles Randolph

Regia:  Alan Parker

Prodotto da Alan Parker e Nicolas Cage

Interpreti:  Kevin Spacey, Kate Winslet, Gabriel Mann, Laura Linney, Leon Rippy

Durata: h 2.10

Nazionalità: USA 2003

Genere: thriller


 

lunedì, dicembre 24, 2007

Come sarà il mondo nel 2030

Più che un ricercatore, Ray Hammond è uno scrittore di fantascienza: The Cloud, Emergence, Extinction... sono le sue opere più note.


Nel suo rapporto The World in 2030, scritto per conto di PlasticsEurope nelle vesti di "futurologo", Hammond ci dice diverse cose interessanti, ma anche delle ovvietà. Tra l'altro, che le condizioni atmosferiche nel 2030 saranno molto probabilmente assai estreme e che la soluzione per la crisi energetica sarà quella di sfruttare fonti di energia naturale e pulita (solare, eolica, del moto ondoso e geotermica).

Grazie, Hammond; ma questo lo avevamo capito da soli.



Poi: "L’essere umano potrebbe vivere fino a 130 anni", e ciò in seguito alle ricerche sul DNA e agli altri sviluppi della medicina. Ma vivere dove, visto che l'ecosistema sarà distrutto? Sotto una tenda d'ossigeno?


"Ci sarà una 'super rete' sempre accesa e sempre collegata." Bene, bravo, ma questo è qualcosa che accade già oggi in molte case...


Poco utile anche apprendere che i computer nel 2030 saranno almeno mezzo milione di volte più potenti di quelli attuali ("Legge di Moore"). Tanta velocità - purtroppo - non aiuta ad aumentare anche quella del nostro pensiero. I dati, una volta risucchiati nella memoria, necessitano di essere assorbiti e capiti...


  Veniamo inoltre a sapere che le tecnologie Radio Frequency Identification (Identificazione a radio frequenza) e i sensori senza fili consentiranno di localizzare e di controllare costantemente i movimenti di esseri umani, animali, merci e quant’altro. (Ipotesi preoccupante per quel che riguarda soprattutto gli umani; ma anche tale controllo è già in atto)


Il controllo elettronico a distanza per elettrodomestici, consentito da dispositivi e componenti in plastica, permetterà di massimizzare i flussi di energia di frigoriferi, lavatrici ecc. con una conseguente riduzione delle emissioni di gas serra. Mah. Si vedrà. Per ridurre tali emissioni, non basta certo "internettizzare" anche gli elettrodomestici...


Le "personalità software" entreranno a far parte della nostra vita quotidiana come assistenti personali e compagni virtuali all’interno di dispositivi mobili. Esse impareranno a conoscerci, a provare emozioni e comunicheranno con noi mediante auricolari e segnali inviati alla retina da occhiali speciali. Bene. Ma, di nuovo: a che pro'? Non sarebbe meglio avere amici in carne e ossa, da ascoltare, guardare e toccare senza bisogno di accessori superflui?





Per concludere, The World in 2030 è un rapporto che in sostanza non ci svela alcunché, bensì sintetizza quali saranno le possibili "scoperte" (è meglio chiamarli "sviluppi") dei prossimi 25 anni. Tutte cose previdibili e già sentite. Molto meglio leggere i dossier dei futurologhi del Club of Rome, indirizzati più verso l'interesse dei singoli che verso quelli delle megacorporazioni.


Tra clonazione umana, disoccupazione di massa, catastrofi ecologiche e meteoriti portatori di epidemie, possiamo affermare che il futuro, ad ogni modo, si prospetta tutt'altro che roseo. Chi sopravvivrà fino al 2030, dovrà usare le unghie e i denti per adattarsi. 


Sempre che non si avveri la profezia Maya.


 Nessun ricercatore ci ha ancora comunque fornito risposte sull'anima, sull'Aldilà, o comunque su come fermare la folle corsa del nostro pianeta verso la voragine certa e come poter girare le lancette all'indietro. La vera sfida sarebbe - anzi: è - questa.


 

sabato, dicembre 08, 2007

Morto Stockhausen, genio della musica contemporanea

"It's an inner revelation that has come several times to me, that I have been educated on Sirius, that I come from Sirius." (Karlheinz Stockhausen)

Il compositore tedesco Karlheinz Stockhausen, coevo e "compagno di sperimentazioni" di Bruno Maderna, Luciano Berio, Pierre Boulez e John Cage, è morto il 5 dicembre scorso, 79enne, nella sua casa di Kürten, in Germania.

Nato a Mödrath - presso Colonia - il 22 agosto del 1928, Karlheinz Stockhausen è stato uno dei più importanti musicisti del XX secolo, spaziando dalla dodecafonia (Arnold Schönberg, Anton Webern) alla musica elettronica.

Allievo al Conservatorio di Colonia dal 1947 al 1951, dove studiò pedagogia della musica e pianoforte, si laureò all'università della stessa città renana in Scienza della Musica, Germanistica e Filosofia. I suoi inizi come compositore furono abbastanza tradizionali (Chöre für Doris). Fu l'ascolto dell'opera seriale di Olivier Messian Mode de Valeur et d’intensités (1949) a segnare la sua vita, portandolo a seguire a Parigi i corsi di composizione del maître francese (ritmica ed estetica). Dal 1950 si mise a comporre non solo proponendo lui stesso forme finora inedite (ha in comune con John Cage la tecnica del "collage"), ma anche inserendo segni assolutamente innovativi nel campo della notazione.

Come docente universitario e autore di numerose pubblicazioni (le sue teorie su tempo e spazio nell'universo dei suoni postulano che “si possono individuare strutture assai simili in musica, letteratura, pittura, scienza e tecnologia”), attraverso le sue attività radiofoniche e grazie a ben 362 composizioni che spesso hanno varcato il confine di ciò che era considerato tecnicamente possibile, Stockhausen contribuì a dare nuovi e decisivi inputs alla musica contemporanea. In particolare lo si ricorda come uno dei fondatori della cosiddetta "musica puntuale".
Sotto di lui studiarono, tra gli altri, Irmin Schmidt e Holger Czukay, rispettivamente tastierista e bassista della band avanguardistica tedesca Can. Fu inoltre fonte di ispirazione per una gran quantità di gruppi e artisti di rock progressivo (Klaus Schulze, i francesi Magma, Frank Zappa, Herman "Sonny" Blount alias Sun Ra, il nostro Battiato...), di jazz (Miles Davis), neoclassica (il pianista e compositore inglese Cornelius Cardew) e pop-rock (David Bowie, Kraftwerk, Björk e, last but not least, i Beatles, che inserirono il ritratto di Stockhausen nella copertina dell'album Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band).

Tra il 1953 (dunque ancor prima che gli americani Robert A. Moog e Donald Buchla sviluppassero i primi synthesizers modulari, facilmente trasportabili) e il 1998 collaborò con lo "Studio für Elektronische Musik" dell'emittente Westdeutscher Rundfunk, per qualche tempo nel ruolo di direttore artistico, e si dedicò anche alla musica elettro-acustica. Fu proprio nello studio sperimentale di Colonia che nel 1955 realizzò una delle sue opere centrali: Gesang der Jünglinge ("Canto dei fanciulli"). Fu l'attrazione principale durante l'Esposizione Mondiale del 1970 a Osaka con le sue composizioni nel padiglione tedesco. Dal 1971 al 1977 fu docente di composizione al conservatorio di Colonia; e insegnò anche a Basilea, a Philadelphia e alla University of California di Davis.

Il suo Hymnen (1966-67) contiene citazioni da 40 diversi inni nazionali; e non è neppure la sua opera più singolare. Spesso i suoi mondi musicali sono un assemblaggio di voci umane, rumori e suoni elettronici: "musica spaziale" che prevede un rapporto armonico di tutte le sue componenti, dall'altezza dei suoni al volume audio. "Il carattere essenziale della mia musica ha sempre a che fare con la religiosità e la spiritualità" affermò una volta, a ricordare la propria conversione al buddhismo zen, che lo allontanò dagli ambienti della sinistra, i quali si mostrarono nauseati da tanto misticismo. "La parte tecnica è solo per spiegare..." Fino alla fine, lavorò assiduamente a sempre nuove opere: spesso per 16 ore al giorno. Per completare il ciclo Licht, considerato "il" progetto della sua vita - come l'Anello dei Nibelunghi lo fu per Wagner -, impiegò oltre un quarto di secolo.

Il buddhismo gli fu da orientamento per il rapporto da tenere con le orchestre. Ylem, del 1972, è il culmine di un'evoluzione dalla musica rigorosamente segnata sul pentagramma a suoni esistenti meramente durante l'esecuzione. Il concetto stesso di "composizione" sembra ormai irrilevante. Già in Aus Den Sieben Tage (1968) lo spartito comprendeva istruzioni verbali, una delle quali chiedeva agli orchestrali di trascorrere "quattro giorni in un silenzio completo... dormite il meno possibile... chiudete gli occhi/ascoltate e basta". I singoli musicisti dovevano interpretare tali suggerimenti basandosi sulla propria personalità e sulle proprie esperienze. Con Ylem, Stockhausen sviluppa questa tecnica radicale invitando i musicisti, tutti raggruppati intorno al sintetizzatore, di suonare la nota centrale del loro strumento, per poi muoversi verso l'esterno, musicalmente e fisicamente, raggiungendo i limiti del palco finché, al segnale di una sillaba urlata, non devono tornare gradualmente al punto di partenza.

Oltre al lavoro compositivo e a quello di direttore d'orchestra, Stockhausen fu molto attivo come manager. A cominciare dal 1991 pubblicò per la casa editrice Stockhausen-Verlag la sua opera omnia in un'edizione premiata sia come spartiti sia come CD.
Nel 1996 gli fu assegnata la laurea honoris causa dell'Università di Berlino e nel 2001 ricevette in Svezia il Polar Music Prize, ritenuto il Nobel della musica.

Il giudizio dei critici su Stockhausen è sempre stato controverso: il suo narcisismo e la sua eccentricità gli procurarono numerose antipatie. "Faccio musica per chi vuole ascoltarla" disse una volta in un'intervista. "Il resto del pianeta mi è indifferente." Lo accusarono, certo non a torto, di essere un alienato, estraneo alla realtà del mondo. In particolare fece scalpore la sua dichiarazione sugli attentati dell'11 settembre 2001: "Questo è il più grande capolavoro a livello cosmico - luciferino nella meticolosità della messa in opera".

Nel maggio 2005 venne eseguita in anteprima mondiale, nel Duomo di Milano, la prima parte di Klang - die 24 Stunden des Tages. Stockhausen aveva in progetto di finire il "Klang-Zyklus" entro il 2028, quando avrebbe compiuto 100 anni.