domenica, agosto 24, 2008

'East is East'

(GB, 1999)


Mentre nella prima serata di sabato la RAI ci propone film indiani con molto colore ma assolutamente vuoti di significato, il tutto sotto la stupida egida "Amori con... turbanti" (roba da Settimana Enigmistica per spiriti poveri), bisogna aspettare le 4 del mattino (!) per vedere una pellicola realmente pregevole. A volte, in effetti, c'è l'imbarazzo della scelta tra il film che RAI 1 trasmette a tarda notte e il materiale proposto da Fuori orario su RAI 3. Già: il programma per insonni di "Mamma RAI" vale più di tutto quanto non ci viene mostrato nelle rimanenti 18-20 ore.


 Oggi abbiamo visto, a un'ora licantropesca, East is East, per la regia di Damien O'Donnell. Trattasi di un piccolo capolavoro basato su una pièce teatrale di Ayub Khan-Din (sua anche la sceneggiatura del film).


Manchester, 1971. Il pakistano George Khan (Om Puri), proprietario di una friggitoria, è sposato con l'inglese Elle (Linda Basset), con la quale ha una prole numerosa. Accecato dalla fede per il Paese d'origine, che è coinvolto in una guerra fratricida con l'India di Indira Gandhi, e per i severi principi della religione mussulmana (ma patria e islamismo sono per lui un'unica cosa), l'uomo non sembra accorgersi che i suoi sette figli crescono nello spirito dei cambiamenti - culturali e di costume - in atto in Inghilterra e nell'intero l'Occidente.

A conti fatti, George Khan vive in una sua propria realtà e i figli, complici la madre, in una loro. I problemi scoppiano quando George combina un matrimonio per il figlio più grande, Nazir (Ian Aspinall), il quale però durante la cerimonia abbandona l'altare e non farà ritorno a casa, anche per dare sfogo alle sue tendenze omosessuali (diventerà un modista di successo).

George, dai figli chiamato "Gengis" per i suoi modi dispotici, cerca allora di riparare lo scandalo agli occhi della comunità pakistana, e combina un doppio matrimonio per i due maschi che, per ordine di età, vengono dopo Nazir, ossia Tariq (Jimi Mistry), uno sciupafemmine frequentatore di discoteche, e il più remissivo Abdul (Raji James). Ora, le ragazze in questione, figlie di un certo Mr. Shah da Bradford, sono tutt'altro che due bellezze, e a questo punto non soltanto i due "prescelti", ma anche gli altri del clan si ribellano a George "Gengis" Khan, in un susseguirsi di scene che alternano il comico al drammatico. E' il momento del riscatto per la moglie Ellen, finora in bilico tra doveri matrimoniali e felicità dei propri bambini: la donna trova finalmente la forza per opporsi alla tirannia del coniuge, il quale è stato solito minacciarla con la chiamata in Inghilterra della sua prima moglie, rimasta in Pakistan.


La commedia mantiene un tono leggero ma contiene anche elementi che sbirciano all'inestirpabile razzismo dei britanni, similmente ai romanzi dell'anglo-pakistano Hanif Kureishi. Quando Abdul, disperato perché il padre ha deciso di ammogliarlo, va a ubriacarsi di birra in un pub, viene interpellato da un'allegra brigata che gli rivolge l'epiteto "uomo primitivo" e frasi del tipo: "Ti piace la bevanda dei bianchi, eh?" E, sui muri della tranquilla stradina multietnica in cui vive la famglia Khan, compaiono i manifesti del politico Enoch Powell (1912-1998), il conservatore razzista che voleva rimpatriare gli immigrati (fu addirittura Primo Ministro).


Debutto fortunato per il regista O'Donnell e stupenda interpretazione di tutti gli attori, a cominciare da Om Puri, naturalissimo nel ruolo dello straniero che non ha mai imparato a parlare bene la lingua del Paese ospitante e che crede di avere la situazione familiare sotto controllo, mentre in realtà i figli sono integrati nella società inglese e fanno le facce annoiate in moschea, dove si prega in un idioma che non capiscono.

Molto ben delineati i singoli personaggi. Saleem (Chris Bisson) è hippie, finge di studiare ingegneria per frequentare invece un corso d'arte e un giorno - ovviamente nel momento meno appropriato - porta a casa una "scultura" che mostra un pube femminile con tanto di peli (tra l'altro vietati dalla tradizione musulmana). Il più piccolo, Sajid (Jordan Routledge), indossa un parka che gli serve da nascondiglio permanente; Sajid non è stato ancora circonciso e, anche se i fratelli cercano di risparmiargli questa tortura, il padre viene a scoprirlo (avvertito dall'imam del sobborgo) e costringe il tredicenne a sottoporsi alla dolorosa operazione... che verrà eseguita da un medico indiano, e dunque proprio da un rappresentante di quella Nazione che George Khan odia maggiormente.

L'unica femmina, Meenah (Archie Panjabi), preferisce giocare a calcio piuttosto che indossare il sari...

 

Molto istruttiva la "gita" della piccola tribù nella cittadina di Bradford, dove risiede Mr. Shah, proprietario di un'estesa tenuta e padre delle due ragazze (davvero bruttine!) che sono state "promesse" ai recalcitranti Tariq e Abdul. Bradford, nel nord dell'Inghilterra, è la roccaforte di moltissimi pakistani. Ebbene, il cartello posto all'inizio della cittadina è stato sporcato con lo spray da qualcuno che l'ha ribattezzata "Bradstan". Meno di due anni dopo dall'uscita di East is East, Bradford fu teatro di gravi disordini razziali, provocati dagli estremisti del Fronte Nazionale.

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